Storia cristiana: Il Concilio di Trento nella sua interezza: Sessione XXI (21)




  • Il Sinodo di Trento ha affrontato gli errori riguardanti l'Eucaristia e ha chiarito gli insegnamenti sulla comunione sotto entrambe le specie e la comunione per i bambini.
  • Laici e chierici che non consacrano non sono obbligati a ricevere la comunione sotto entrambe le specie, poiché una sola specie è sufficiente per la salvezza.
  • La Chiesa detiene l'autorità di modificare le pratiche sacramentali a beneficio dei fedeli e sostiene che Cristo è pienamente presente in entrambe le specie.
  • I bambini non sono tenuti a partecipare all'Eucaristia e i vescovi devono assicurare la corretta amministrazione e il mantenimento degli ordini e dei benefici della chiesa.
Questo articolo fa parte 19 di 27 della serie Il Concilio di Trento in pieno

Sessione 21: SULLA COMUNIONE

PRIMO DECRETO

Essendo il quinto sotto il Sommo Pontefice, Pio IV., celebrato il sedicesimo giorno di luglio, MDLXII.

Il sacro e santo, ocecumenico e generale Sinodo di Trento, legalmente riuniti nello Spirito Santo, gli stessi Legati della Sede Apostolica che vi presiede, -mentre, toccando il tremendo e santissimo sacramento dell'Eucaristia, vi sono in diversi luoghi, dai più malvagi artifici del diavolo, diffuso alcuni errori mostruosi, a causa dei quali, in alcune province, molti si sono visti allontanati dalla fede e l'obbedienza della Chiesa cattolica, Ha pensato opportuno, che ciò che riguarda la comunione sotto entrambe le specie, e la comunione dei bambini, essere in questo luogo stabilito. Perciò proibisce a tutti i fedeli in Cristo di presumere d'ora in poi di credere, insegnare o predicare diversamente su questi argomenti, di quanto non sia spiegato e definito in questi decreti.

Che laici e chierici, quando non sacrifichino, non sono vincolati, per diritto divino, alla comunione sotto entrambe le specie.

Pertanto, questo santo Sinodo,-istruito dallo Spirito Santo, che è lo spirito di saggezza e di comprensione, lo spirito di consiglio e di pietà,(f) e seguendo il giudizio(g) e l'uso della Chiesa stessa,-dichiara e insegna, che laici, e chierici quando non consacrare,(h) non sono obbligati, da alcun precetto divino, a ricevere il sacramento dell'Eucaristia sotto entrambe le specie; e che non si può in alcun modo dubitare, senza pregiudizio per la fede, (l) che la comunione sotto le due specie è sufficiente per loro per la salvezza. Infatti, sebbene Cristo, il Signore, nell'ultima cena, abbia istituito e consegnato agli apostoli questo venerabile sacramento nelle specie del pane e del vino; Perciò questa istituzione e questa consegna non tendono ad essa, che tutti i fedeli della Chiesa siano tenuti, dall'istituzione (k) del Signore, a ricevere entrambe le specie. Ma, da quel discorso che è nel sesto di Giovanni, non si ricava neppure giustamente - tuttavia, secondo le varie interpretazioni dei santi Padri e Dottori, si comprende - che la comunione di entrambe le specie fu ordinata dal Signore: Colui che ha detto: Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita (v. 54). Chi mangia questo pane vivrà in eterno (v. 59); Chi ha detto: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna» (v. 55), ha anche detto: Il pane che darò è la mia carne per la vita del mondo della menzogna (v. 52); e, in fin dei conti, - Colui che ha detto; Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me e io in lui (v. 57), ha detto: Chi mangia questo pane vivrà in eterno (v. 59).

CAPITOLO II. Il potere della Chiesa per quanto riguarda la dispensazione del Sacramento dell'Eucaristia.

Dichiara, inoltre, che questo potere è sempre stato nella Chiesa, che, nella dispensazione dei sacramenti, la loro sostanza essendo intatta, (l) può ordinare, - o cambiare, quali cose, per quanto possa giudicare più opportuno, per il profitto di coloro che ricevono, o per la venerazione di detti sacramenti, secondo la differenza di circostanze, tempi e luoghi. E questo l'Apostolo non sembra oscuramente aver insinuato, quando dice: Lasciate che un uomo così conto di noi, come dei ministri di Cristo, e dei dispensatori dei misteri di Dio. (m) E infatti è sufficientemente evidente che egli stesso ha esercitato questo potere, - come in molte altre cose, così per quanto riguarda questo stesso sacramento; quando, dopo aver ordinato alcune cose che toccano l'uso di esso, dice; Il resto lo metterò in ordine quando verrò. (n) Pertanto, santa Madre Chiesa, conoscendo questa sua autorità nell'amministrazione dei sacramenti, anche se l'uso di entrambe le specie è, fin dall'inizio della religione cristiana, non è stato raro, ma, nel corso del tempo, che la consuetudine essendo già molto ampiamente cambiato, - lei, indotto da gravi e giusti motivi, - ha approvato di questa consuetudine di comunicare sotto una (o) specie, (p) e decretato che doveva essere tenuto come una legge; che non è lecito riprovare, o cambiare a piacimento, senza l'autorità della Chiesa stessa.

CAPITOLO III. Che Cristo intero e integro, e un vero Sacramento sono ricevuti sotto entrambe le specie.

Dichiara inoltre che, sebbene, come è già stato detto, il nostro Redentore, in quell'ultima cena, istituito e consegnato agli apostoli, questo sacramento in due specie, tuttavia deve essere riconosciuto, che Cristo intero e intero e un vero sacramento sono ricevuti sotto entrambe le sole specie; e che quindi, per quanto riguarda il suo frutto, essi, che ricevono una sola specie, non sono defraudati di alcuna grazia necessaria alla salvezza.

CAPITOLO IV. Che i bambini piccoli non siano vincolati alla comunione sacramentale.

Infine, questo stesso santo Sinodo insegna che i bambini, che non hanno raggiunto l'uso della ragione, non sono per necessità obbligati alla comunione sacramentale dell'Eucaristia: Poiché, essendo stati rigenerati dalla conca del battesimo e incorporati a Cristo, non possono, a quell'età, perdere la grazia che hanno già acquisito di essere figli di Dio. Pertanto, tuttavia, non è l'antichità da condannare, se, in alcuni luoghi, essa, in una sola volta, osservato tale costume; Poiché come quei santissimi Padri ebbero una probabile causa per quello che fecero riguardo ai loro tempi, così, certamente, si deve credere senza polemiche, che fecero questo senza alcuna necessità per la salvezza. r)

SULLA COMUNIONE NELL'AMBITO DELLE STESSE SPECIE E SULLA COMUNIONE DEI INFANTI

CANONI

Se qualcuno dice che, per il precetto di Dio, o, per necessità di salvezza, tutti e ciascuno dei fedeli di Cristo dovrebbe ricevere entrambe le specie del santissimo sacramento non consacrante; Che sia anatema.

CANONE II - se qualcuno dice che la santa Chiesa cattolica non è stata indotta, per giuste cause e ragioni, a comunicare, sotto le sole specie di pane, laici e anche chierici quando non consacrano; Che sia anatema.

CANON III.-Se qualcuno nega che Cristo intero e intero -la fonte e l'autore di tutte le grazie-è ricevuto sotto l'unica specie di pane; perché - come alcuni affermano falsamente - Egli non è ricevuto, secondo l'istituzione di Cristo stesso, sotto entrambe le specie; Che sia anatema.

CANON IV.-Se qualcuno dice che la comunione eucaristica è necessaria per i bambini piccoli, prima che siano giunti ad anni di discrezione; Che sia anatema. Per quanto riguarda, tuttavia, questi due articoli, proposti in un'altra occasione, ma che non sono ancora stati discussi; Cioè, se le ragioni per cui la santa Chiesa cattolica è stata condotta a comunicare, sotto l'unica specie di pane, laici, e anche sacerdoti quando non celebrano, sono in tal modo saggio da essere aderito, come che in nessun caso è l'uso del calice di essere consentito a chiunque così; e se, nel caso in cui, per motivi supplicanti e conformi alla carità cristiana, sembri che l'uso del calice debba essere concesso a qualsiasi nazione o regno, esso debba essere concesso a determinate condizioni; e quali sono tali condizioni: Questo stesso santo Sinodo riserva lo stesso ad un altro tempo, per la prima occasione che si presenterà, per essere esaminato e definito.

SULLA RIFORMA

SECONDO DECRETO

Proem.

Lo stesso sacro e santo, ecumenico e generale Sinodo di Trento, legalmente riunito nello Spirito Santo, gli stessi Legati della Sede Apostolica che vi presiedevano, ha ritenuto opportuno che, a lode di Dio Onnipotente, e l'ornamento della santa Chiesa, le cose che seguono essere ordinate al momento attuale, toccando l'attività della Riforma. Alla luce delle pressanti esigenze dei fedeli e dell'esigenza di un impegno più profondo nei confronti dei principi della fede, il Consiglio di trent sessione venticinque ha deciso di affrontare le questioni relative alla disciplina ecclesiastica e all'amministrazione dei sacramenti. Ciò mira a garantire che la Chiesa rimanga un faro di verità e integrità morale in un mondo spesso irto di confusione e discordia. Istituendo queste riforme, si spera che i fedeli possano crescere nella loro devozione e comprensione dei misteri divini. A tal fine, il Consiglio di trent sessione ventitre ha stabilito una serie di decreti volti a garantire l'integrità e la purezza della fede. È con grande solennità che vengono emanate queste disposizioni, volte ad affrontare le urgenti necessità della Chiesa in un momento di sfida e confusione. Attraverso questo sforzo concertato, il Sinodo cerca non solo di sostenere la verità dottrinale, ma anche di rivitalizzare la vita spirituale dei fedeli. Questa stimata assemblea, riconoscendo l'urgente necessità di rinnovamento e chiarezza nella dottrina, stabilisce le linee guida per affrontare le sfide che la Chiesa deve affrontare. In particolare, le decisioni prese nel Consiglio di trent sessione 22 cercare di migliorare la vita spirituale dei fedeli e ripristinare l'unità all'interno del clero. Promulgando queste riforme, affermiamo il nostro impegno a sostenere gli insegnamenti di Cristo e le tradizioni della Chiesa. In tal modo, il Sinodo sottolinea l'importanza di una catechesi e di una pastorale efficaci, assicurando che tutti i membri della Chiesa siano ben attrezzati per navigare nelle complessità della vita contemporanea. Il Consiglio di trent sessione xxiv Serve come un momento cruciale in questo sforzo, rafforzando la necessità di insegnamenti accessibili che risuonano con i laici. Promuovendo una comprensione più profonda della fede e della pratica, ci sforziamo di coltivare un rinnovato spirito di comunità e collaborazione tra tutti i credenti.

CAPITOLO I.

I vescovi conferiranno ordini e daranno gratuitamente lettere di licenziamento e testimonianze: i loro servi non ne riceveranno nulla, e i notai quello che è stabilito nel presente decreto.

Poiché l'ordine ecclesiastico dovrebbe essere libero da ogni sospetto di cupidigia, né i vescovi, né altri, che conferiscono ordini, né i loro ministri, riceveranno, con alcun pretesto, nulla per la raccolta di qualsiasi tipo di ordini, nemmeno per la tonsura clericale, né per lettere dimissorie, o testimonianze, né per il sigillo, né per qualsiasi altra causa, anche se dovrebbe essere offerto volontariamente. E i notai, nei soli luoghi in cui non prevale la lodevole consuetudine di non ricevere nulla, possono ricevere solo la decima parte di una corona d'oro (aureus) per ogni lettera di licenziamento o testimonianza; purché non vi sia ancora alcuna retribuzione loro assegnata per l'espletamento di tale ufficio; e a condizione che nessun emolumento, dai pagamenti al notaio, possa maturare, direttamente o indirettamente, per il vescovo dalla raccolta di detti ordini. Perché in questo caso il Sinodo ordina che essi sono tenuti a dare il loro lavoro del tutto gratuitamente; Annullare completamente e proibire tutte le tasse al contrario, e tutti gli statuti e costumi, anche se immemorabili, di tutti i luoghi di qualsiasi tipo, che possono piuttosto essere chiamati abusi e corruzioni tendenti alla pratica simoniacal; E coloro che agiranno diversamente, subiranno ipso facto, oltre al castigo divino, le pene inflitte dalla legge.

CAPITOLO II. Coloro che non hanno i mezzi per vivere, sono esclusi dai sacri Ordini.

Considerando che non sembra a coloro che sono iscritti al ministero divino, di chiedere l'elemosina, o di esercitare qualsiasi sordido commercio, per la disgrazia del loro ordine; e che è risaputo che moltissimi, e in moltissimi luoghi, sono ammessi agli ordini sacri quasi senza alcuna scelta; che, con vari artifici e inganni, pretendono di avere un beneficio ecclesiastico, o addirittura mezzi sufficienti; il santo Sinodo ordina che d'ora in poi nessun chierico secolare, anche se altrimenti adatto per quanto riguarda la morale, la conoscenza e l'età, deve essere promosso a sacri ordini, a meno che non sia prima legittimamente certo, che egli è in pacifico possesso di un beneficio ecclesiastico sufficiente per il suo onesto sostentamento: e non potrà dimettersi da quel beneficio, senza menzionare che è stato promosso sotto il suo titolo; né le dimissioni saranno ricevute, a meno che non si abbia la certezza che egli possa vivere convenientemente da altre fonti; e le dimissioni effettuate in altro modo sono nulle. Quanto a coloro che hanno un patrimonio, o una pensione, non saranno d'ora in poi ordinati, tranne quelli che il vescovo considererà dovrebbero essere ricevuti, in considerazione della necessità o della convenienza delle sue chiese; dopo aver anche prima visto attentamente questo, che godono davvero di quel patrimonio, o pensione, e che sono tali da bastare per il loro sostentamento: E lo stesso non può in ogni caso essere alienato, estinto, o rimesso, senza il permesso del vescovo, fino a quando non hanno ottenuto un sufficiente beneficio ecclesiastico, o devono avere da qualche altra fonte con cui vivere; rinnovando le pene degli antichi canoni.

CAPITOLO III.

Viene prescritto un metodo per aumentare le distribuzioni giornaliere; le persone alle quali sono dovuti: la contumacia di coloro che non servono è punita.

considerando che i benefici sono stati stabiliti al fine di eseguire il culto divino, e gli uffici della Chiesa; al fine che il culto divino non possa in alcun modo essere diminuito, ma vi sia prestata la dovuta attenzione in tutte le cose; il santo Sinodo ordina che nelle chiese, così come nelle cattedrali come nelle collegiate, in cui non vi sono distribuzioni giornaliere, o così lievi, da essere probabilmente ignorate, una terza parte dei frutti e di tutti i proventi, e delle entrate, così come delle dignità, come delle canoniche, dei personaggi, delle porzioni e degli uffici, sia separata e convertita allo scopo delle distribuzioni quotidiane, da dividere tra coloro che possiedono dignità e gli altri che sono presenti al servizio divino, secondo quella proporzione che sarà stabilita dal vescovo - anche come delegato della Sede Apostolica - al momento della primissima deduzione fatta dai frutti; salvando, tuttavia, le consuetudini di quelle chiese in cui coloro che non risiedono, o che non servono, non ricevono nulla, o meno di un terzo: tutte le esenzioni, e qualsiasi altra dogana, anche se immemorabile, e tutti i ricorsi di qualsiasi tipo. E sulla contumacia di coloro che non servono in aumento, essi possono essere proceduto contro secondo le disposizioni della legge, e dei sacri canoni.

CAPITOLO IV. In quale caso i coadiutori devono essere impiegati per la cura delle anime. – Viene illustrato il modo di erigere nuove parrocchie.

In tutte le chiese parrocchiali, o in quelle in cui è amministrato il battesimo, (v) in cui (chiese) il popolo è così numeroso, che un rettore non è sufficiente per l'amministrazione dei sacramenti della Chiesa, e per lo svolgimento del culto divino, i vescovi, anche come delegati della Sede Apostolica, costringere i rettori, o altri che può interessare, di associare a se stessi per questo ufficio, come molti sacerdoti come sarà sufficiente per amministrare i sacramenti, e per celebrare il culto divino. Per quanto riguarda quelle chiese, alle quali, a causa della distanza, o le difficoltà della località, i parrocchiani non possono, senza grande inconveniente, riparare per ricevere i sacramenti, e di ascoltare gli uffici divini; i vescovi possono, anche contro la volontà dei rettori, stabilire nuove parrocchie, secondo la forma della costituzione di Alessandro III., che inizia, Ad audientiam. E a quei sacerdoti che dovranno essere nominati di nuovo sulle chiese appena erette, sarà assegnata una parte competente, secondo il giudizio del vescovo, dai frutti in ogni modo appartenenti alla Chiesa madre: e, se necessario, può costringere il popolo a contribuire con ciò che può essere sufficiente per il sostentamento di detti sacerdoti; ogni riserva generale o speciale, o assegnazione, che può trovarsi su dette chiese, nonostante. Né le ordinanze e le erezioni di questo tipo possono essere impedite, o ostacolate, per mezzo di disposizioni, o anche in virtù di eventuali dimissioni, o di qualsiasi altra deroga, o sospensioni di sorta.

I Vescovi potranno formare unioni perpetue, nei casi consentiti dalla legge.

Affinché, inoltre, lo stato di quelle chiese, in cui i sacri uffici sono amministrati a Dio, possa essere mantenuto secondo la loro dignità, i vescovi, così come i delegati della Sede Apostolica, possono, secondo la forma del diritto, fare unioni in perpetuo - senza pregiudizio, tuttavia, per gli incumbent - di qualsiasi chiesa parrocchiale qualsiasi, e di quelli in cui il battesimo è amministrato, e di altri benefici con o senza cura, con (altre) cure, a causa della povertà di quelle chiese, e negli altri casi dalla legge consentita; anche se le suddette chiese, o i benefici, sono generalmente o specialmente riservati, o in qualsiasi modo applicati: le cui unioni non possono essere revocate, in virtù di alcuna disposizione, nemmeno a causa di dimissioni, deroghe o sospensioni.

CAPITOLO VI.

Per i rettori ignoranti, i vicari saranno, per il momento, deputati con una parte dei frutti; coloro che continuano a dare scandalo possono essere privati dei loro benefici.

Poiché i rettori analfabeti e incompetenti delle chiese parrocchiali sono poco adatti agli uffici sacri; e altri, a causa della turpitudine della loro vita, piuttosto che distruggere che edificare; i vescovi, anche come delegati della Sede Apostolica, possono supplenti a detti analfabeti e incompetenti rettori, se essi sono altrimenti di una vita irreprensibile, coadiutori, o vicari per il momento, e assegnare la stessa una parte dei frutti per il loro sufficiente mantenimento, o provvedere a loro in qualche altro modo, mettendo da parte qualsiasi appello o esenzione di sorta. Ma coloro che vivono in modo vergognoso e scandaloso, dopo averli prima ammoniti, trattengono e puniscono; e, se continueranno ad essere incorreggibili nella loro malvagità, avranno il potere di privarli dei loro benefici, secondo le costituzioni dei sacri canoni, mettendo da parte ogni esenzione o appello.

CAPITOLO VII. I vescovi trasferiranno, insieme ai loro obblighi, le chiese che non possono essere restaurate; altri che faranno riparare.

considerando, inoltre, che bisogna prestare molta attenzione, affinché le cose che sono state dedicate ai sacri servizi, possano, per la lesione del tempo, cessare di essere così impiegate, e passare dalla memoria degli uomini; i vescovi, come pure i delegati della Sede Apostolica, possono trasferire semplici benefici - anche quelli che sono sotto un diritto di patronato - da chiese che sono cadute in rovina per età, o in altro modo, e che non possono, a causa della povertà di esso, essere ripristinati, per le Chiese madri, o altri dello stesso o luoghi vicini, come giudicano opportuno, dopo aver convocato coloro che vi sono interessati; e susciteranno, nelle suddette chiese, altari o cappelle, sotto le stesse invocazioni; o trasferirli, con tutti i loro emolumenti e con tutti gli obblighi che venivano imposti alle chiese precedenti, su altari o cappelle già erette. Ma, per quanto riguarda le chiese parrocchiali che sono così cadute in decadenza, essi, anche se sono sotto un diritto di patronato, fanno loro cura di essere riparati e restaurati, da qualsiasi frutto e ricava qualsiasi cosa, in qualsiasi modo appartenenti a dette chiese; e se tali risorse non dovessero essere sufficienti, costringono, con tutti i mezzi appropriati, i patroni e gli altri che ricevono qualsiasi frutto derivato da quelle chiese, o, in loro mancanza, i parrocchiani, a provvedere alle suddette riparazioni; l'annullamento di qualsiasi ricorso, esenzione o riserva. Ma se dovessero essere troppo povere, quelle chiese saranno trasferite alle Chiese madri, o alle chiese vicine, con il potere di convertire sia le dette chiese parrocchiali che altre che sono in rovina, a usi profani, anche se non sordidi; Una croce, tuttavia, viene eretta lì.

CAPITOLO VIII. Monasteri Commendatori, in cui la regolare osservanza non è in vigore, e tutti i benefici così sempre, deve essere da vescovi ogni anno visitati.

È giusto che qualsiasi cosa in una diocesi riguardi il culto di Dio, sia diligentemente curata dall'Ordinario e, dove c'è bisogno, sia da lui messa in ordine. Pertanto, i monasteri tenuti in commendam, anche le abbazie, i priorati e quelli chiamati provostries, in cui l'osservanza regolare non è in vigore, come anche i benefici - con o senza la cura delle anime, così come Regolari come Secolari - in qualsiasi modo tenuti in commendam, anche se esenti, saranno annualmente visitati dal vescovo, proprio come i delegati della Sede Apostolica; e i suddetti vescovi provvederanno, con misure adeguate, anche mediante il sequestro dei frutti, affinché ciò che richiede il rinnovamento o la riparazione, sia fatto di conseguenza; e che la guarigione delle anime, se quei luoghi, o quelli ad essi annessi, sono incaricati di esso, come anche che tutti gli altri doveri richiesti loro, siano correttamente esercitati; nonostante qualsiasi appello, privilegi, costumi, anche con una prescrizione da tempo immemorabile, lettere conservatorio, commissioni di giudici, e le loro inibizioni al contrario. E, se l'osservanza regolare sia in essa mantenuta, i vescovi faranno loro cura, con moniti paterni, che i superiori di detti Regolari osservino e facciano osservare il modo di vita richiesto dagli istituti del loro ordine, e che osservino e governino coloro che sono loro soggetti nel loro dovere. E se, dopo essere stati ammoniti, non li avranno visitati o corretti entro sei mesi, allora i suddetti vescovi, anche come delegati della Sede Apostolica, li visitino e li correggano, come potrebbero fare gli stessi superiori, secondo i loro istituti; nonostante, e mettendo completamente da parte, tutti gli appelli, i privilegi e le esenzioni di qualsiasi tipo.

CAPITOLO IX.

Il nome e l'uso di questori di elemosina è abolito.- Gli Ordinari pubblicheranno indulgenze e grazie spirituali.- Due dei ## I CAPITOLI ricevono gratuitamente l'elemosina.

Considerando che molti rimedi, finora applicato da diversi consigli nel loro giorno, così come da quello di Laterano, (w) e di Lione, come da quello di Vienne, contro i malvagi abusi di questori di elemosina, sono diventati in tempi successivi inutili; Sì, piuttosto la depravazione di tali è, per il grande scandalo e la lamentela di tutti i fedeli, trovato ogni giorno in modo da aumentare di più, in quanto sembra che non ci sia più alcuna speranza di loro emendamento; (il Sinodo) ordina che, in ogni parte della cristianità, il loro nome e il loro uso siano d'ora in poi completamente aboliti; né sarà loro permesso in alcun modo di esercitare tale ufficio; Nonostante tutti i privilegi concessi a chiese, monasteri, ospedali, luoghi pii, o a qualsiasi persona di qualsiasi grado, stato e dignità, o qualsiasi usanza, anche se immemorabile. Per quanto riguarda le indulgenze, o altre grazie spirituali, di cui i fedeli di Cristo non dovrebbe per questo motivo di essere privato, Esso decreta, che essi sono d'ora in poi per essere pubblicati al popolo a tempo debito, da parte degli Ordinari dei luoghi, aiutati da due membri della Chiesa. ## CAPITOLO; a cui è dato anche il potere di raccogliere fedelmente le elemosine e i soccorsi di carità che vengono loro offerti, senza che ricevano alcuna remunerazione; affinché tutti gli uomini possano finalmente comprendere veramente che questi tesori celesti della Chiesa sono amministrati non per guadagno, ma per pietà.

Il sacro e santo Sinodo ecumenico e generale di Trento, legittimamente riunito nello Spirito Santo, gli stessi Legati della Sede Apostolica che vi presiedono, hanno ordinato e decretato che la successiva Sessione si tenga e si celebri il giovedì dopo l'ottava della festa della Natività della Beata Vergine Maria, che sarà il diciassettesimo del mese di settembre prossimo; con l'aggiunta, tuttavia, che il suddetto santo Sinodo liberamente può e può, secondo la sua volontà e piacere, come giudica opportuno per gli affari del Consiglio, limitare o estendere, anche in una congregazione generale, il suddetto termine, come anche quello che può essere assegnato in seguito per ogni sessione.

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